Le parole e la realtà

Il filosofo Richard Rorty, poco conosciuto dagli storici ma molto dibattuto da coloro che si interessano di epistemologia, sostiene che non è vero che le parole siano soltanto un guscio vuoto che serve ad indicare la realtà: è vero invece il contrario, sono le parole che creano il reale, in special modo quando si tratta di esperienze della società umana. Mai come in questo autunno in Alto Adige si sta sperimentando quanto questo sia vero: la realtà è plasmata dalle parole. Nazione, Heimat, fascismo, etnia, sono solo alcuni dei concetti, vecchi e ormai stanchi da mille e più abusi che sono stati commessi nei loro confronti, che affiorano e pervadono la vita normale di noi cittadini, e la cambiano senza aver chiesto il nostro permesso.
Più dell'economia, le parole riescono a cambiare l'atteggiamento delle persone, i rapporti reciproci, gli equilibri di potere. Si è visto alle ultime elezioni provinciali, dove i partiti che maggiormente hanno insistito sulle parole d'ordine Heimat, nazione, etnia, hanno ottenuto un buon successo elettorale, iniziando poi immediatamente dopo a presentare il conto, per esempio con la richiesta di rivedere la collocazione dei cosiddetti 'relitti fascisti', e creando una nuova realtà di diffidenza reciproca tra le persone, che si manifesta negli odiosi episodi delle ultime settimane.
Si colgono facili vittorie lanciando le parole d'ordine giuste. Dalla fine del Settecento, quelle che maggiormente riescono a modificare il mondo sono quelle attinenti al concetto di nazione. Sono tutte parole inventate, o profondamente trasformate, come sanno gli storici: prima di allora erano in gestazione presso gli illuministi, o qualche altro intellettuale. Siamo nel 2008, non cambia nulla, sono sempre queste le parole che cambiano il mondo, anche fuori dall'Alto Adige. Ora però ne compaiono altre di corollario: per esempio museo. È in grado questa parola di modificare la realtà? Ha meno forza di 'sangue', 'terra', 'Heimat', 'nazione', però qualche possibilità ce l'ha. Anche un concetto apparentemente innocuo come 'museo' è tornato a creare il nostro mondo, La Fabbrica del Tempo già lo aveva evidenziato con un dibattito (e una pubblicazione) alcuni anni fa. Il museo non è solo il luogo della memoria: è invece un modo cosciente di creare il presente attraverso l'uso strumentale del passato. Intendiamoci: questo non è un giudizio di merito, ma una constatazione di fatto di cui dobbiamo essere consapevoli per affrontare il dibattito di questi giorni sui cosiddetti 'relitti fascisti'. Nella speranza che, un giorno, saremo maturi per modificare la realtà con parole nuove, fresche e non abusate e fruste.

Marco Fontana
La Fabbrica del Tempo